Affari legali

AFFARI LEGALI. Accollo tributario: vantaggi e rischi

Pur presentando, per certi versi, indubbi vantaggi, per altri può essere fonte di seri inconvenienti

Il cosiddetto accollo tributario è uno strumento negoziale privatistico di regolamento dei rapporti tributari che, negli ultimi anni, è andato diffondendosi con una certa ampiezza. Senonché, pur presentando, per certi versi, indubbi vantaggi, per altri può essere fonte di seri inconvenienti, se non utilizzato in modo assennato e, soprattutto, qualora si attui servendosi di soggetti non sufficientemente qualificati.
Volendo preliminarmente chiarire in cosa consista lo strumento in parola, possiamo dire che esso si strutturi in modo del tutto analogo all’omonimo istituto previsto dal diritto civile di cui sostanzialmente costituisce un’applicazione nel campo dei rapporti fra cittadino ed amministrazione finanziaria. In parole semplici, nell’ambito del rapporto obbligatorio fra cittadino (debitore) ed amministrazione (creditore), si inserisce un terzo soggetto,l’accollante, il quale assume l’impegno di pagare alla seconda – definita accollataria – il debito tributario del primo, che è l’accollato; il tutto sulla base di un accordo negoziale intervenuto previamente, appunto, fra contribuente accollato e terzo accollante.
In questi casi, si tratta sempre di un patto che vale unicamente fra i soggetti stipulanti, pertanto, esso non libera il debitore-contribuente dai propri obblighi verso il creditore (P.A.), fino a quando l’adempimento da parte del terzo non abbia correttamente e completamente avuto luogo.
Ciò detto, sono le modalità di tale adempimento che costituiscono il punto nodale del meccanismo sul quale devono incentrarsi le nostre attenzioni. Avviene infatti che il terzo accollante provveda al saldo del debito fiscale del contribuente originario non in contanti, bensì utilizzando in compensazione crediti fiscali, di cui il terzo medesimo risulti titolare. Questi crediti tributari, a loro volta, sono stati da quest’ultimo acquistati da altri soggetti ad un costo inferiore al loro valore nominale, al punto da permettere all’accollatario di realizzare un profitto, risultante dalla differenza fra il costo corrisposto per l’acquisto ed il prezzo concordato con l’accollato (l’originario contribuente che si avvale del servizio) per la prestazione assicurata; prezzo che, naturalmente, sarà a sua volta inferiore all’ammontare del credito garantito che quest’ultimo avrebbe dovuto saldare all’amministrazione.

Questo, in estrema sintesi, lo schema operativo dello strumento. Tutto giusto? Nessun problema per il nostro contribuente? Risparmio sulle tasse assicurato? In realtà, non si tratta di un “lieto fine” scontato.

Succede, infatti, che l’amministrazione creditrice, l’Agenzia delle Entrate, il più delle volte, guardi con un certo sospetto questi “strumenti atipici” di adempimento degli obblighi fiscali, ritenendoli potenziali strumenti di elusione o, peggio, di evasione. Sicché, assai di frequente, essa dà inizio a procedure di accertamento, volte in primo luogo a verificare che i crediti in concreto opposti in compensazione dal terzo accollante a fronte del debito dell’accollato siano effettivamente utilizzabili secondo le norme tributarie vigenti, posto che non tutte le categorie di crediti d’imposta sono fra loro suscettibili di operazioni di compensazione; l’avvio della procedura di accertamento genera per l’accollato, oltre che per l’accollante,  al primo rimasto legato da un vincolo di solidarietà proprio in virtù della natura “interna” del rapporto di accollo, costi aggiuntivi -compensi professionali per assistenza nel contenzioso, ad esempio –  che rischiano di vanificare, in tutto o in parte, i vantaggi che si intendevano conseguire con lo strumento di cui discutiamo.
Ma non è questo il rischio maggiore. E’ infatti possibile, soprattutto quando colui che propone il servizio non sia persona del tutto affidabile sotto il profilo della competenza nel campo o non lo sia in termini di correttezza generale, che l’operazione di compensazione avvenga utilizzando crediti in realtà inesistenti o “fittizi”, cioè ottenuti utilizzando strumenti elusivi o magari fraudolenti.
Dopo la pausa estiva vedremo insieme quali siano i pericoli in questa eventualità  e come risponda la giurisprudenza, stavolta piuttosto uniforme.
Roberta Romeo
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