Affari legali

AFFARI LEGALI. Estinzione dell’obbligo di contribuire al mantenimento dei figli

Come agire e quali i rischi

La disciplina normativa dell’obbligo al mantenimento posto a carico del genitore separato o divorziato, in favore del figlio, è nota ormai da tempo, come pure è abbastanza conosciuto l’orientamento via via formatosi sul punto nella più recente giurisprudenza, precipuamente nel caso di figli maggiorenni non ancora economicamente indipendenti.

Ciò che forse non è del tutto chiaro ai non addetti ai lavori è un aspetto, di carattere prettamente formale, che tuttavia può essere causa di contenziosi giudiziari, anche di natura penale, attesa la duplice tutela (civile e, appunto, penale) che caratterizza in generale il diritto al mantenimento della prole nel nostro ordinamento. Ci si riferisce all’eventualità in cui il beneficiario del contributo al mantenimento, già maggiorenne, divenga, ad un certo punto economicamente indipendente dopo aver reperito un’occupazione atta ad assicurargli un reddito sufficiente per il proprio sostentamento.

Non è raro, infatti, che qualche genitore onerato giudizialmente di corrispondere il proprio contributo interrompa “motu proprio”, anche in perfetta buona fede e, caso estremo, addirittura con l’assenso più o meno esplicito del figlio beneficiario, l’erogazione del contributo medesimo, convinto che questa decisione sia perfettamente legittima; salvo poi vedersi notificare con grande stupore atti giudiziari esecutivi, per lo più da parte dell’altro genitore che nel provvedimento che aveva disposto l’an ed il quantum dell’assegno, era designato quale percipiente dello stesso in nome e per conto del figliolo.

In materia, la giurisprudenza è stata assolutamente chiara: la forma prevale sulla sostanza, per quanto ciò possa sembrare agli occhi dei profani difficile da comprendere o, addirittura, manifestamente ingiusto. Il raggiungimento dell’indipendenza economica rappresenta un mutamento delle condizioni che hanno determinato, in origine, il riconoscimento del diritto di un genitore, generalmente la madre, a ricevere un contributo per il mantenimento della prole nata dal matrimonio o dalla convivenza; mutamento che, al fine di scongiurare azioni esecutive, ed in assenza di un esplicito accordo scritto che sancisca l’estinzione concordata dell’obbligazione per la sopravvenuta indipendenza economica, fra tutte le parti coinvolte (nella nostra ipotesi, i due genitori ed il figlio divenuto indipendente), deve essere fatto valere nei modi stabiliti dalla legge al fine di ottenere la revoca dell’assegno (CASS CIV SEZ VI Ord. 25/09/2014 n° 23303 e Ord. 30/04/2018 n° 10320).

In sintesi, l’ex coniuge o ex convivente obbligato al versamento dell’assegno, che venga a conoscenza dell’avvenuto raggiungimento dell’autonomia economica da parte del figlio, avrà da percorrere, alternativamente, due strade per liberarsi dagli obblighi di mantenimento: raggiungere un accordo formale (scritto, possibilmente con le forme previste per la c.d. “negoziazione assistita” tra avvocati dal D. L. n° 132/2014, conv. Con L. n° 162/2014) oppure depositare apposito ricorso per la revoca dell’assegno con le forme ordinarie previste dal Codice Civile e dal Codice di Procedura Civile, convenendo in giudizio tanto l’altro ex “partner”, quanto il figlio maggiorenne, beneficiario effettivo dell’assegno.

Soluzioni diverse e, sovente, “pasticciate” lo esporrebbero invece a ritorsioni giudiziarie da parte di ex coniugi o ex conviventi non sempre corretti.
Roberta Romeo
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