Affari legali

AFFARI LEGALI. Il concetto di maltrattamenti degli animali si estende

E' responsabile anche chi trascura il proprio fido compagno

Fortunatamente l’ordinamento giuridico italiano ormai da molto tempo tutela i nostri amici animali riconoscendo agli stessi dei veri e propri diritti e la dignità che meritano.

In primo luogo, l’art. 544-ter c.p. punisce severamente chiunque, per crudeltà o senza che ve ne sia necessità, cagioni una lesione ad un animale ovvero lo sottoponga a sevizie, a comportamenti e fatiche o a lavori insopportabili in rapporto alle sue caratteristiche etologiche. Lo stesso trattamento si riserva a chi somministri agli animali sostanze stupefacenti o vietate oppure procuri un danno alla loro salute.

Tuttavia, esistono forme di maltrattamento meno evidenti e più subdole rispetto alle vere e proprie aggressioni fisiche e al famigerato abbandono in autostrada: ci si riferisce a tutte quelle situazioni in cui un animale venga tenuto in un ambiente stretto ed angusto incompatibile con la sua natura e i suoi istinti, alle ipotesi in cui sia malnutrito dal padrone – che tale non dovrebbe ritenersi, perché un animale è parte della famiglia, non un oggetto da possedere – e ai casi in cui venga sostanzialmente trascurato.

Proprio della generale trascuratezza si è occupata la Corte di Cassazione con una recente sentenza in cui, esaminando la vicenda di una cagnolina trovata in pessime condizioni di salute a causa di vari tumori ulcerati e di calli agli arti, ha stigmatizzato il principio secondo il quale anche la mancata sottoposizione di un animale alle idonee cure, determinando il protrarsi di una patologia con un significativo aumento del dolore, integri il reato di maltrattamenti.

In un’altra pronuncia, la n. 14734 del 4.04.2019, questa volta riguardante nella fattispecie alcuni poveri asinelli con unghie tanto lunghe da impedirne la corretta postura, la Suprema Corte ha affermato che la detenzione in tali condizioni, indipendentemente dalla conduzione o meno degli animali all’alpeggio, debba ritenersi certamente “incompatibile con la loro natura e produttiva di gravi sofferenze, considerando che l’eccessiva lunghezza delle unghie, rendendo difficoltosa per l’animale anche la semplice deambulazione ed in un caso, rendendogli impossibile lo stare in piedi, lo costringe a posizioni innaturali che, peraltro, incidono sul requisito essenziale della stabilità, assicurata, nei quadrupedi, dalla particolare sequenza dei movimenti delle zampe e non può dirsi che una simile condizione sia solo innaturale e non anche produttiva di gravi sofferenze, dovendosi intendere, come tali, non necessariamente quelle condizioni che possono determinare un vero e proprio processo patologico, bensì anche i meri patimenti”.

Nel prossimo articolo disquisiremo invece su una sentenza degli Ermellini, la quale ha di converso scatenato un sacco di polemiche da parte di coloro che amano e rispettano gli animali, poiché ha introdotto una sorta di “esimente” in favore di chi abbandona i compagni a quattro zampe in una struttura preposta alla loro accoglienza e non in mezzo alla strada.

Roberta Romeo

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