Affari legali

AFFARI LEGALI: Permessi della “Legge 104”

La Cassazione smorza i toni sui casi di uso improprio

Ancora novità sulle ipotesi di utilizzo improprio dei permessi ex L. n. 104/92 da parte del lavoratore. I giudici di legittimità, con la sentenza n. 30676 del 27.11.2018, hanno meglio delimitato i termini entro i quali possa configurarsi un abuso dei permessi garantiti al lavoratore dalla normativa a tutela dei portatori di handicap.

E’ bene ricordare, come esposto in un articolo di questa sezione risalente a qualche settimana fa, che il principio secondo cui il dipendente che si avvalga per usi propri dei permessi finalizzati all’assistenza di un familiare disabile possa andare incontro ad un licenziamento per condotta infedele, resta comunque fermo.

Ciò che la Suprema Corte ha precisato con la pronuncia in commento è che, in determinate ipotesi ed a certe condizioni, l’impiego dei periodi di permesso da parte del lavoratore per finalità proprie possa essere ammissibile. In particolare, qualora quest’ultimo si trovi nel corso della settimana ad alternare continuamente lavoro ed assistenza, non trovando altro tempo per provvedere alle proprie necessità quotidiane, anche banali (fare la spesa, o provvedere ad acquisti di beni personali), è legittimo pensare che possa a tale scopo utilizzare gli unici momenti in cui, di fatto, dispone di tempo maggiore.

Nel dettaglio, la sentenza – confermando quanto ritenuto dalla Corte d’Appello territoriale e richiamando peraltro una pronuncia del 2017 – ha escluso che l’assistenza su cui si basa il beneficio del congedo straordinario possa intendersi esclusiva al punto da impedire a chi la offre di dedicare spazi non solo alla cura dei propri interessi personali, ma anche al recupero delle energie psico-fisiche, a patto che “risultino complessivamente salvaguardati i connotati essenziali di un intervento assistenziale che deve avere carattere permanente, continuativo e globale nella sfera individuale e di relazione del disabile”.

In sintesi, se da una parte è vero che il lavoratore sia tenuto ad utilizzare i periodi di permesso di cui gode ai sensi della 104 per l’assistenza alla persona in difficoltà, che costituisce motivo della loro concessione, è altrettanto vero che, nel caso in cui l’alternanza lavoro-assistenza sia impegnativa al punto tale da non permettergli di ricavare altro tempo per provvedere alle sue necessità, egli potrà utilizzare una parte dei permessi per tale scopo, non dovendosi concretizzare l’attività di assistenza cui essi sono correlati in una prestazione continuativa ed ininterrotta.

Va da sé, pertanto, che l’apertura manifestata dalla sentenza in commento non potrà mai essere portata a giustificazione di comportamenti che, in quanto ricadenti al di fuori dei precisi limiti determinati dalla giurisprudenza, configureranno quindi illeciti sia sul piano disciplinare, sia eventualmente su quello penale, forieri delle relative, gravi conseguenze per il lavoratore che se ne renda responsabile.

Roberta Romeo

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