Affari legali

AFFARI LEGALI. Stalking: la Cassazione abbassa la guardia

Illegittimo il diniego da parte del Tribunale di Sorveglianza rispetto alla richiesta di arresti domiciliari o affidamento ai servizi sociali per chi abbia dato prova di ravvedimento

In un articolo di questa sezione risalente ad un paio di anni fa, abbiamo disquisito sul reato sempre più diffuso di stalking, introdotto nel nostro ordinamento con il d.l. n.11 del 23 febbraio 2009, convertito poi nella legge n.38 il 23 aprile dello stesso anno.

Prima di allora, determinate condotte non erano tenute in considerazione nell’ambito di un quadro complessivo, ma configuravano singoli reati, come la minaccia o la violenza privata, indubbiamente di minor gravità.

Si ricorda che l’art. 612-bis c.p. attualmente punisce chiunque, con condotte reiterate, minacci o molesti qualcuno in modo da provocare in quest’ultimo, alternativamente, un perdurante e grave stato di ansia o paura, oppure un fondato timore per la propria incolumità, di un prossimo congiunto o di altra persona al medesimo legata da relazione affettiva, o infine l’alterazione delle proprie abitudini di vita.

Il requisito della reiterazione delle condotte è fondamentale ai fini di un’imputazione tanto grave, non bastando un singolo episodio molesto a configurare un delitto che prevede invece un contegno generale atto ad ingenerare un significativo patimento nella persona offesa, al punto da indurla a cambiare le proprie abitudini di vita.

Si conferma quanto già accennato in precedenza circa la presenza di un primo orientamento, definito “estensivo”, secondo cui non è necessario che il disagio della vittima abbia connotazione patologica affondando le proprie radici in un riscontro medico-scientifico, e di un secondo filone denominato invece “restrittivo”, che ravvisa la necessità di una conclamata patologia a carico della persona cui sono rivolte le condotte di minaccia e molestia, affinché possa concretamente prendere forma il reato di stalking.

Le modifiche arrecate qualche anno fa alla normativa sugli atti persecutori interessano l’inasprimento della cornice edittale prevista come sanzione, la riformulazione delle ipotesi aggravate e la riforma del regime di procedibilità, ma la giurisprudenza si è evoluta tantissimo, riservando talvolta delle sorprese.

La Cassazione ha ritenuto infatti illegittimo il diniego da parte del Tribunale di Sorveglianza rispetto alla richiesta degli arresti domiciliari o dell’affidamento ai servizi sociali per la persona accusata di stalking che abbia dato prova di ravvedimento e abbia prospettive di lavoro con buone possibilità di reinserimento sociale.

La Suprema Corte sostiene quindi che debba essere concessa una misura alternativa alla detenzione in favore del reo che abbia in qualche modo dimostrato pentimento e volontà di cambiare.

Nella fattispecie concreta, si trattava di una donna condannata per stalking nei confronti del suo ex fidanzato, la quale doveva scontare una pena residua di 10 mesi; in considerazione però delle relazioni positive rilasciate dalla Asl e dell’inizio di un nuovo rapporto amoroso, i giudici di merito avevano invece dato maggiore importanza – negando quindi la misura meno afflittiva – al fatto che l’ex compagno avesse denunciato la donna per una nuova telefonata avvenuta in epoca successiva alla condanna.

Roberta Romeo

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