Storia

Benevento, 26 febbraio 1266: gli angioini alla conquista del sud Italia

Cade la casata sveva nel meridione d’Italia a vantaggio dei nuovi padroni francesi

Nell’articolo sulla Battaglia di Cortenuova (novembre 1237) abbiamo visto come l’imperatore Federico II sia riuscito ad ottenere una schiacciante vittoria sulla Lega, vendicando l’onta dell’umiliante sconfitta subita da suo nonno Federico Barbarossa a Legnano. Vedremo ora un’altra importante battaglia medievale svoltasi in Italia, che ebbe tra i suoi protagonisti Manfredi di Sicilia, figlio di Federico II nonché re svevo del Regno di Sicilia (va specificato che con questa denominazione va intesa gran parte dell’Italia meridionale).

Cominciamo dall’antefatto. Siamo nel 1261 ed al soglio pontificio viene eletto un papa francese che prenderà nome di Urbano IV; questi era un acceso nemico degli svevi, i quali continuavano ad aspirare all’unità italiana sotto la loro corona senza farne alcun mistero. Ovviamente la cosa non poteva far piacere alle autorità della Chiesa, la quale in Urbano IV trovò il personaggio giusto al momento giusto per guidare la disputa riguardante le sorti della penisola italiana.

Difatti il nuovo papa aveva forti legami con la corte francese, com’era ovvio date le sue origini transalpine, e sponsorizzò la candidatura di Carlo d’Angiò (figlio del re di Francia Luigi VIII) in sostituzione di Manfredi, che nel frattempo era stato scomunicato e dichiarato decaduto dal trono. Urbano IV morì prima che le sue manovre diplomatiche potessero giungere a felice conclusione, ma la nomina del suo successore nella persona di Clemente IV nel 1265 confermò la linea politica del defunto pontefice, non a caso anche Clemente IV era francese.

Benevento, 26 febbraio 1266
Benevento, 26 febbraio 1266

Fu quindi radunato l’esercito per l’invasione del Regno di Sicilia che, partendo da Lione, attraversò il nord Italia incontrando scarsa resistenza e giungendo a Roma nel gennaio del 1266. Il giorno 6 Carlo venne incoronato re di Sicilia, mentre Manfredi cominciò anch’egli a radunare l’esercito per provvedere alla difesa del suo regno; il 20 dello stesso mese Carlo si diresse verso sud dando il via alla campagna d’invasione del meridione d’Italia.

L’esercito di Carlo conquistò rapidamente le fortezze che avrebbero dovuto assicurare la difesa dei confini settentrionali del Regno di Sicilia (ed il fatto che molte di esse si arresero senza combattere testimoniava che molti dei feudatari di Manfredi non erano fedeli al loro sovrano), oltrepassò il Volturno e si diresse verso Benevento. Manfredi contava sul tempo che la resistenza delle fortezze del confine avrebbe dovuto garantirgli, onde procurarsi altri soldati da reclutare nelle sue provincie; ma ora doveva necessariamente dare battaglia per non arretrare verso sud, il che avrebbe comportato la grave perdita di Napoli. Il 26 febbraio del 1266 ebbe quindi luogo a Benevento lo scontro che sancì le future sorti del meridione d’Italia.

Manfredi si attestò con 4.000 cavalieri e 10.000 tra fanti ed arcieri su una posizione tatticamente vantaggiosa dietro il Calore, un affluente del Volturno; ma il re svevo commise l’errore di rinunciare al vantaggio tattico di cui godeva e decise di attraversare il fiume per andare incontro al nemico, forse perché pensava di poter approfittare del momento di stanchezza dall’avversario, affaticato dalle lunghe marce che lo avevano portato fino al luogo dell’imminente battaglia.

Manfredi schierò in prima linea i suoi fanti e gli arcieri saraceni, mentre dietro pose la cavalleria su tre linee, costituita da tedeschi, siciliani e mercenari dell’Italia del nord di fede ghibellina. Carlo, che dalla sua posizione poteva agevolmente osservare i movimenti avversari, schierò in prima linea i balestrieri per controbattere agli arcieri nemici, mentre dietro posizionò la cavalleria (costituita da provenzali, fiamminghi ed italiani) anch’essa su tre linee come quella avversaria; in totale le forze a disposizione di Carlo erano di 3.000 cavalieri ed un numero non ben precisato di fanti.  

Gli arcieri saraceni di Manfredi diedero inizio alla battaglia lanciando i loro dardi contro le fila nemiche causando sensibili perdite tra gli avversari, agendo però di propria iniziativa senza attendere l’ordine del loro re, quando non tutto l’esercito di Manfredi aveva avuto il tempo di attraversare il Calore; ma pronta fu la reazione della cavalleria di Carlo la quale caricò gli arcieri di Manfredi facendone strage. La cavalleria tedesca di Manfredi attaccò a sua volta respingendo i francesi, ma subito le retrostanti linee angioine intervennero mettendo in difficoltà le schiere della cavalleria tedesca attaccandola sul fianco e sbaragliandola, mentre ancora buona parte dell’esercito di Manfredi era al di là del fiume ed era quindi tagliato fuori dalla battaglia.

Le residue forze del re di Sicilia si persero d’animo e molti cominciarono a fuggire, mentre Manfredi, ormai vistosi sconfitto, decise di optare per una morte onorevole: si tolse l’elmo con le insegne per non dare a Carlo la soddisfazione di trovarlo tra i caduti, ed indossato un elmo anonimo caricò verso il nemico rimanendo ucciso nella mischia. Il corpo fu comunque riconosciuto alcuni giorni più tardi in mezzo ai tanti caduti di quella battaglia.

La vittoria di Carlo d’Angiò nella battaglia di Benevento sancì la fine della dominazione sveva dell’Italia del sud e l’inizio di quella angioina; e più in generale la vittoria francese sulla casa imperiale sveva in quella guerra sponsorizzata dal papa, sancì la definitiva sconfitta del partito ghibellino in Italia. Ma la dominazione francese del Regno di Sicilia fu durissima e procurò ai nuovi padroni l’odio della popolazione, un odio feroce che nel 1282 sfociò in un’aperta ribellione che passerà alla storia col nome di Vespri Siciliani.

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Marco Ammendola

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Marco Amendola

Anche se faccio tutt'altro lavoro, sono da sempre appassionato di storia, un romanzo talmente avvincente che non necessita di un finale a sorpresa

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