Storia

Cento anni fa la Battaglia del Solstizio: decisiva vittoria per l’Italia

Fallisce l'ultima offensiva austriaca; appuntamento a Vittorio Veneto

Oggi cade il centenario della vittoriosa conclusione della più importante battaglia per l’Italia della Grande Guerra, la battaglia che decise le sorti di quel conflitto sul fronte italiano. Difatti la Seconda Battaglia del Piave (la Prima fu quella che permise di arrestare l’avanzata austro-tedesca dopo Caporetto e la Terza fu l’ultima, quella che prese il nome dalla cittadina di Vittorio Veneto), detta Battaglia del Solstizio, fu l’ultimo tentativo da parte dell’esercito imperiale austriaco di vincere la guerra, dato che l’Austria-Ungheria era in preda ad una grave crisi e le popolazioni dei quel multietnico impero erano oramai stremate; non così però per l’esercito imperiale, ancora combattivo e deciso a concludere vittoriosamente la lotta contro gli italiani. E l’idea di vincere sul Piave, con la conseguente possibilità di sfociare nella ricca valle padana, era una prospettiva allettante per i soldati dell’imperatore.

L’alto comando austriaco progettò con scrupolo e grande meticolosità quell’offensiva, deciso a dare agli italiani il colpo di grazia, ben sapendo che l’esercito italiano non sarebbe stato in grado di assorbire un’altra batosta dopo quella durissima di Caporetto; ed anche gli italiani erano ben consci che un’ulteriore sconfitta avrebbe voluto dire perdere la guerra. E difatti in quella decisiva e gigantesca battaglia la lotta fu, come vedremo, feroce con accanitissimi scontri corpo a corpo, con perdite elevatissime da ambo le parti, ben sapendo entrambe che quella sarebbe stata la partita decisiva. Vediamo quindi come andarono le cose in quel giugno di cento anni fa.

Gli austriaci concepirono l’offensiva su tre direttrici: una fu chiamata operazione “Lawine” (valanga), in direzione del Tonale; una fu detta operazione “Radetzky”, verso l’Altopiano di Asiago ed il Monte Grappa; la terza sarebbe stata condotta sul Piave col nome di operazione “Albrecht”. Le forze dedicate all’offensiva erano consistenti, le truppe erano agguerrite ed il morale era elevato: nelle retrovie del fronte austriaco i cartelli stradali indicavano la direzione per Venezia e molti soldati portavano legati agli zaini dei fazzoletti recanti la scritta “Nach Mailand”, “a Milano”. Eh già, erano convinti di arrivare a Milano…

Ma i comandi italiani sapevano dell’imminenza di una massiccia offensiva austriaca, sia per l’efficiente osservazione aerea operata dai velivoli italiani e dei nostri alleati franco-britannici presenti sul fronte italiano (così come un intero corpo d’armata del nostro esercito si stava valorosamente battendo contro i tedeschi in Francia), sia per le azioni di spionaggio e la corrispondenza segreta con i nostro compatrioti dai territori friulani e veneti occupati dagli austriaci dopo Caporetto. Il Regio Esercito era quindi pronto, ripresosi dopo Caporetto, ed i soldati erano desiderosi di rifarsi da quella sconfitta e ben decisi a non lasciare partita vinta al nemico.

L’attacco austriaco cominciò il 15 giugno con un massiccio bombardamento dell’artiglieria imperiale sulle linee italiane, ma la nostra artiglieria attuò da subito un efficace tiro di controbatteria causando pesanti perdite ai reparti nemici che attraversavano il Piave. Sul fronte montano, ossia sull’Atopiano e sul Grappa, gli assalti austriaci si infransero contro la tenacissima difesa dei reparti italiani, mentre più a sud, sul Montello, l’attacco nemico ebbe più successo; difatti gli austriaci riuscirono a passare il Piave e a conquistare le pendici nord-est del monte. Sul Piave ebbero più difficoltà a passare sulla sponda opposta, dato che la nostra artiglieria batteva incessantemente distruggendo gran parte dei ponti che i genieri austriaci riuscivano a realizzare, mentre gli aerei italiani, francesi ed inglesi mitragliavano a bassa quota le truppe nemiche. E fu durante la Battaglia del Solstizio che cadde Francesco Baracca, il più grande asso dell’aviazione italiana.

La lotta sul Montello e sul medio e basso Piave fu accanita, con feroci scontri corpo a corpo, in una lotta accanita che vedeva i battaglioni italiani ed austriaci dissanguarsi riducendosi a gruppi di sparuti superstiti, continuamente rincalzati da altri battaglioni che venivano gettati in quella mischia tremenda che ricordava i terribili giorni delle battaglie sull’Isonzo e sul Carso. Verso il delta del Piave poi, in un terreno paludoso dove spesso le granate dell’artiglieria affondavano nel fango senza esplodere, la battaglia si frantumò in una miriade di imboscate, assalti e controassalti in cui a farla da padrone erano le baionette e i pugnali, dove italiani ed austriaci letteralmente si scannavano lottando nel terreno acquitrinoso.

Gli austriaci erano inizialmente riusciti a conquistare alcune posizioni una volta passato il Piave, ma i contrattacchi italiani ne arrestarono l’avanzata e la successiva controffensiva costrinse i comandi imperiali a constatare l’impossibilità di realizzare il progettato sfondamento; tra il 22 ed il 24 giugno gli austriaci cominciarono a ripassare il Piave col morale a pezzi… e la coda tra le gambe.

E alla fine fu un’incontestabile vittoria per gli italiani. Una vittoria alla quale contribuirono i famosi “arditi”, i valorosi soldati dei reparti d’assalto, quelli che per primi uscivano dalle trincee e attaccavano con le bombe a mano ed il pugnale tra i denti, conquistando la trincea nemica a prezzo di perdite sempre elevatissime in attesa dell’arrivo della fanteria. E poi come non citare gli altrettanto famosi “ragazzi del ’99” ossia l’ultima classe di leva della guerra, ragazzini appena diciottenni, giovani poco più che adolescenti che “seppero morire prima ancora di avere imparato a vivere”. Di loro il Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito, generale Armando Diaz, scriverà in un bollettino“i giovani soldati della classe 1899 hanno avuto il battesimo del fuoco: il loro contegno è stato magnifico”; a ben undici di quei ragazzini-soldato, che provenivano da ogni parte d’Italia, furono assegnate Medaglie d’Oro al Valore.

E qui è d’obbligo citare le parole di Ernest Hemingway, che era sul fronte italiano in quei giorni di lotta e che fu testimone oculare di quegli avvenimenti: “è stata una grande vittoria, che dimostra al mondo quali meravigliosi combattenti siano gli italiani”.

La vittoria italiana nella Battaglia del Solstizio determinò quindi il fallimento dell’ultimo tentativo austriaco di vincere la guerra: ora l’impero cominciava a disgregarsi, molti popoli della vecchia monarchia asburgica chiedevano a gran voce l’indipendenza, la crisi alimentare si faceva ormai sentire e l’ultima possibilità di concludere vittoriosamente la guerra era sfumata sul Piave. La fine dell’impero era ormai solo questione di tempo, ed il colpo di grazia arriverà quattro mesi dopo la battaglia che aveva visto gli italiani vincitori sugli austriaci: a Vittorio Veneto saranno i soldati italiani a dare agli austriaci quel colpo di grazia che essi avevano tentato di dare in quel giugno del 1918, quando la volontà di vittoria dei nostri soldati cancellerà il ricordo di Caporetto e porterà poi il tricolore a Trento e a Trieste. Ma Vittorio Veneto fu il punto, il finale di un esito vittorioso del conflitto che era già stato scritto quel 24 giugno 1918 quando, come nelle parole della famosa canzone, il Piave mormorò… e sulle sponde del fiume sacro gli austriaci non passarono.

Marco Ammendola

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Antonio Marino

Cinquantunenne ma con lo spirito da eterno ragazzo. Adoro la compagnia degli amici con la 'A' maiuscola, la buona tavola e le buone birre. Appassionato di politica ma quella con la 'P' maiuscola, sposato più che felicemente. Difetti: sono pignolo. Pregi: sono pignolo
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