Storia

Goito, 30 maggio 1848: la baldanza austriaca piegata dal valore piemontese

Radetzky attacca, ma i soldati di Carlo Alberto ricacciano indietro gli austriaci

Dopo che con lo scorso articolo abbiamo visto i Carabinieri coprirsi di gloria nella carica di Pastrengo (30 aprile 1848), continueremo a narrare della Prima Guerra di Indipendenza con un avvenimento che generazioni di italiani hanno studiato sui libri di scuola fin dalle elementari: la battaglia di Goito.

Siamo ad un mese dopo Pastrengo e l’esercito piemontese di re Carlo Alberto ha posto sotto assedio la fortezza austriaca di Peschiera (che assieme a Verona, Mantova e Legnago costituisce il famoso quadrilatero, base operativa per l’esercito austriaco in Italia,). Il 29 maggio, nel tentativo di attaccare lo schieramento piemontese sul fianco e rompere l’assedio di Peschiera, Radetzky fa uscire le sue truppe da Mantova ed attacca le posizioni toscane e napoletane (alleate dei piemontesi) originando la famosa battaglia di Curtatone e Montanara; gli austriaci vincono, ma la strenua ed eroica resistenza degli italiani ne rallenta l’avanzata dando tempo ai piemontesi di adottare le dovute contromosse per evitare di rimanere scoperti rispetto all’attacco austriaco: da Volta Mantovana parte il 1° corpo d’armata piemontese comandato dal generale Bava, diretto verso Goito per intercettare gli austriaci. E’ il 30 maggio del 1848 e bisogna vincere; cedere ora vorrebbe dire compromettere la possibilità di passare oltre il Mincio e mettere così a rischio tutta la guerra.

Giunti a destinazione, i piemontesi si schierano: 14.700 uomini (tra i quali un reggimento regolare dell’Esercito delle Due Sicilie ed una compagnia di volontari mantovani), 2.400 cavalieri e 43 cannoni; hanno davanti forze austriache costituite da 26.000 uomini, 950 cavalieri e 33 cannoni.

Alle 15:00 vi fu l’incontro tra le due armate e gli austriaci misero in atto la loro manovra finalizzata ad avanzare con la loro ala sinistra per aggirare la destra piemontese; mentre le rispettive artiglierie presero a battere il campo di battaglia, gli austriaci attaccarono con impeto riuscendo a far indietreggiare i reparti piemontesi. L’ala destra dell’esercito sabaudo stava cedendo, ed allora il generale Bava decise saggiamente di far intervenire la seconda linea del suo schieramento per fermare l’offensiva austriaca: i piemontesi lanciati al contrattacco avanzarono subendo ingenti perdite contro gli austriaci che avevano occupato posizioni tatticamente favorevoli, (in quell’occasione fu ferito anche l’erede al trono Vittorio Emanuele, colui che tredici anni dopo diverrà primo re d’Italia); la situazione migliorò grazie all’efficace intervento di una batteria dell’artiglieria piemontese che si schierò all’estrema destra della linea e cominciò a colpire pesantemente gli austriaci. Radetzky, resosi conto che a quel punto la pressione nemica sulla sua sinistra (ossia la destra piemontese) stava diventando insostenibile, diede ordine di ripiegare; l’intervento della cavalleria piemontese, lanciata dal generale Bava all’inseguimento del nemico, trasformò il ripiegamento austriaco in una ritirata. Alle 19:00 la battaglia era terminata ed i piemontesi avevano vinto.

La battaglia di Goito era costata ai piemontesi vincitori 43 morti (tra i quali Augusto Benso di Cavour, figlio di Gustavo, fratello del futuro primo ministro Camillo) e 253 feriti (tra i quali come abbiamo visto il principe erede Vittorio Emanuele, nonché lo stesso re Carlo Alberto); gli austriaci lamentarono 68 morti, 331 feriti e 219 dispersi (gran parte di questi soldati di nazionalità italiana che disertarono per non combattere tra le fila dell’odiato austriaco).

A vittoria conseguita, giunse sul campo di battaglia la notizia della resa della piazzaforte austriaca di Peschiera; quando le truppe, inorgoglite dalla vittoria appena conseguita seppero della resa della fortezza nemica, esplosero in un grido di gioia rivolgendo a Carlo Alberto un “Viva il Re d’Italia!”.

Dopo Pastrengo un’altra vittoria piemontese dunque; ma non risolutiva. In entrambi i casi l’alto comando e Carlo Alberto non seppero trasformare le vittorie tattiche in successi strategici: gli austriaci sconfitti non furono inseguiti, ma ci si accontentò di rimanere padroni del campo. E Radetzky ringraziava, avendo ancora gran parte delle sue forze intatte e potentemente schierate nelle piazzeforti di Mantova e Verona, pronto ad usarle al meglio nel momento opportuno, come accadrà nel luglio di quello stesso 1848 nella fatale Custoza.

In ultimo, una precisazione. La battaglia di Goito appena descritta, non va confusa con la “battaglia del ponte di Goito”, altro episodio sempre della prima Guerra di Indipendenza, in quello snodo cruciale verso Mantova e Verona, tant’è che vi si combatté per due volte nella stessa campagna. Lo scontro sul ponte si svolse alcune settimane prima della battaglia di Goito, precisamente l’8 aprile, ed è passato alla storia essendo il primo combattimento al quale presero parte i bersaglieri, specialità di fanteria fondata da Alessandro Lamarmora nel giugno del 1836 sempre sotto il regno di re Carlo Alberto. In quell’episodio i bersaglieri piemontesi si batterono contro un reparto dei valentissimi cacciatori tirolesi austriaci riportando una splendida vittoria. Ma data l’importanza di quello scontro, che fu il battesimo del fuoco per i fanti piumati, vi dedicheremo un articolo per conoscerne meglio lo svolgimento.

Marco Ammendola

Mostra Altro

Marco Amendola

Anche se faccio tutt'altro lavoro, sono da sempre appassionato di storia, un romanzo talmente avvincente che non necessita di un finale a sorpresa
Pulsante per tornare all'inizio