Storia

I lanzichenecchi, la risposta tedesca ai picchieri svizzeri: inizia la sfida

Le temute truppe mercenarie al soldo dell’imperatore e la loro sinistra fama

Nella nostra rubrica di storia ci siamo recentemente occupati delle grandi epidemie del passato, coerentemente con la pandemia di covid-19 che stiamo vivendo; prima di proseguire parlando della peste del 1630 (quella di manzoniana memoria), faremo però una digressione verso la storia militare parlando dei lanzichenecchi, ovvero le truppe di mercenari che con la loro calata in Italia diffusero il terribile morbo nel nord della penisola.

Il nome deriva dal tedesco Landsknecht, traducibile più o meno in “servitore del paese”, e di questi soldati reclutati nelle province tedesche si ha notizia già dalla metà del trecento; questi antenati dei lanzichenecchi, essendo soldati mercenari la cui possibilità di impiego era legata al fatto che vi fossero conflitti in corso, nei periodi di “disoccupazione” avevano come fonte di reddito la rapina, il saccheggio e il brigantaggio; difatti, non di rado la decisione di arruolarsi era dettata dalla necessità di sfuggire alla giustizia. I lanzichenecchi conserveranno questa caratteristica “indisciplina”, che li renderà protagonisti di episodi di efferatezza contro le popolazioni delle città conquistate, il cui più famoso e triste esempio è quello del sacco di Roma del 1527, in cui decine di migliaia di persone vennero trucidate, opere d’arte vennero sfregiate, palazzi distrutti, chiese spogliate delle loro reliquie, e addirittura fu raso al suolo un convento (i lanzichenecchi erano protestanti).

I lanzichenecchi erano fanti mercenari la cui specialità fu istituita dall’imperatore Massimiliano I sul finire del ‘400; l’area geografica in cui generalmente venivano reclutati era quella delle pianure delle regioni tedesche del sud (ragione per cui la proverbiale rivalità con i picchieri svizzeri aveva anche connotazioni di carattere geografico, essendo questi ultimi reclutati nelle zone montuose della Svizzera). La contrapposizione tra le due specialità di fanteria troverà poi la ragione storica nel fatto che i picchieri fossero generalmente al soldo dei re di Francia, mentre i lanzichenecchi erano al servizio dell’Imperatore (del Sacro Romano Impero, ovvero gli Asburgo). Col tempo la rivalità con la loro controparte svizzera si tramutò in un odio profondo che troverà la sua massima espressione in brutali e raccapriccianti reciproci episodi di crudeltà, sia durante le battaglie che a danno dei prigionieri catturati.

L’arruolamento avveniva per bando, ad opera di un colonnello che riceveva dall’imperatore l’autorità di reclutare un reggimento; una volta scelto il luogo del raduno, tutti i soldati vi si recavano già armati (l’armamento era a loro carico), e ascoltavano la lettura del contratto che li avrebbe legati al loro comandante per tutta la durata dell’imminente campagna; dopo il giuramento, che impegnava entrambe la parti al rispetto delle condizioni contrattuali, veniva corrisposto il primo soldo; tanto per dare l’idea di quanto apprezzati fossero questi soldati di professione, basti dire che la loro paga era più del doppio di quella di un lavoratore civile. Il reggimento venutosi così a formare, era poi completato da uno stuolo di cuochi, vivandiere, furieri, prostitute, barbieri e cappellani; le famiglie dei soldati li seguivano per tutta la durata della campagna.

L’armamento dei lanzichenecchi era per certi aspetti simile a quello dei picchieri, essendo anch’essi armati di picca (una sorta di lunga lancia che nell’ambito di una densa formazione di fanti era in grado di infrangere l’urto della cavalleria), ma la loro particolarità stava nell’avere in dotazione anche l’alabarda, un’asta che oltre a terminare con una punta metallica, recava ai due lati dell’estremità rispettivamente un’ascia e in uncino; risulta quindi evidente come un’arma come questa, che univa in unico elemento il potere di penetrazione della punta, quello di taglio dell’ascia, e quello scarneficante dell’uncino, risultasse essere un formidabile strumento di morte in mano ad un alabardiere ben addestrato.

L’unità tattica fondamentale delle formazioni di lanzichenecchi era la “bandiera” (solitamente costituita da 500 uomini), assimilabile a quella che oggi chiamiamo compagnia, comandata da un capitano; più bandiere formavano un reggimento al comando di un colonnello. La tipologia di impiego in battaglia era similare a quella dei picchieri: una volta assunta la formazione a quadrato, con le lunghe aste protese a formare un’istrice di fanti ammassati l’un l’altro, si arrivava al contatto con la formazione nemica ingaggiando un duello il cui scopo era quello di scompaginare la formazione avversaria e mandarla così in rotta. Come abbiamo detto, la particolarità che distingueva i lanzichenecchi dai picchieri svizzeri era la presenza di nuclei di alabardieri il cui scopo era quello di menare colpi contro le picche nemiche al fine di spezzarle per renderle inoffensive. Nel periodo più recente della loro storia, le formazioni di lanzichenecchi si dotarono poi di piccole squadre di tiratori con armi da fuoco, archibugi e moschetti, che operavano esternamente al quadrato, all’interno del quale trovavano riparo quando divenivano oggetto della carica della cavalleria nemica.

La presenza dei lanzichenecchi fu una costante sui campi di battaglia rinascimentali, e si protrasse fino alla metà del seicento, andando poi gradualmente a scomparire. Il termine rimase però vivo nell’uso e nella tradizione popolare di tutta Europa fino ai giorni nostri, soprattutto nella sua accezione di indisciplina e brutalità.

Marco Ammendola

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Marco Amendola

Anche se faccio tutt'altro lavoro, sono da sempre appassionato di storia, un romanzo talmente avvincente che non necessita di un finale a sorpresa
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