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INTERVISTA ESCLUSIVA. Con Alberto Giannoni parliamo di islamismo

Incontro con l'autore de 'Il libro nero dell’Islam italiano'

L’islamismo, inteso come ideologia costruita attorno motivi religiosi, è sinonimo di totalitarismo: ne è convinto Alberto Giannoni, autore dell’opera, ‘Il libro nero dell’Islam italiano’, pubblicato dalla Società Europea di Edizioni S.p.A per la collana, ‘Fuori dal coro’.
 
Alberto Giannoni, Vice-caposervizio della Cronaca di Milano per ‘Il Giornale’, elbano, classe 1975, ha maturato la sua esperienza professionale cominciando dalla redazione del «Tirreno» all’Isola d’Elba e da una tv locale. Successivamente ha collaborato con ‘L’Indipendente’ per poi approdare, nel 2008, a ‘Il Giornale’. Da dieci anni si occupa di islam e ha pubblicato tre libri dedicati a diversi aspetti del tema: il primo, scritto con Davide Romano, esponente della Comunità ebraica di Milano, è intitolato ‘Le reti dei nuovi antisemiti’. Qui, Giannoni e Romano affrontano i temi dell’antisemitismo, dell’antisionismo e di tutto ciò che è contro Israele, passando dagli atteggiamenti espressi dal Movimento Cinque Stelle ed in quello che è l’Islam politico. Nel secondo testo, ‘Le donne che fermeranno la jihad’, Giannoni si occupa delle donne che, avversando la filosofia misogina dell’Islamismo, si battono per la modernizzazione dell’Islam stesso. Il 2018 è l’anno de ‘Il libro nero dell’Islam italiano’.
 
Giannoni ha accettato di incontrarmi per un’intervista dove racconta quello che, dalla sua posizione di cronista attento al tema, è l’Islam che si muove sott’acqua e che agevola il consolidarsi di una vera e propria minaccia globale.
 
“Occorre distinguere tra quello che è l’Islam del terrore e quello dell’ideologia. La lotta al primo è delegata alle forze dell’ordine e ai servizi di intelligence, che hanno lavorato benissimo in Italia, spesso sventando azioni  criminali. Il secondo però, in prospettiva è ancor più insidioso, più subdolo, e prolifera nell’indottrinamento ideologico. Per sconfiggerlo – spiega Giannoni – occorre lavorare anche su un altro piano, contrastando i discorsi d’odio e denunciando le caratteristiche dell’ideologia islamista:  l’antisemitismo, l’omofobia e le idee di sottomissione della donna”. “Oggi – prosegue Giannoni – si muove qualcosa anche nei Paesi arabo-musulmani. In Marocco un imam è stato sospeso di recente, per le sue prediche intorno al Capodanno”.
 
Chiedo a Giannoni se, secondo lui, esistono voci di un Islam moderato anche in Italia e soprattutto a Milano, città che ben conosce. Quanto queste voci non sono di mera facciata? “Sono rare ma esistono. Maryan Ismail è una di queste. Inoltre c’è il COREIS». “Cito la moschea milanese di Via Padova 144, il cui direttore ha fatto un ottimo lavoro nel dialogo con le istituzioni e le altre religioni, anche se mi sarei aspettato una presa di posizione più pronta e netta da parte loro, quando in piazza Cavour, nel corso di una manifestazione organizzata sul caso di Gerusalemme capitale, si alzarono cori antisemiti e jihadisti. Questa è una mia opinione”.
 
Per chi non lo sapesse, Maryan Ismail è un’antropologa di origine somala, già esponente del Partito Democratico e sorella di un diplomatico somalo assassinato da Al Qaeda. La Ismail è balzata agli onori della cronaca politica milanese per aver criticato il piano moschee del Comune nell’era Pisapia. E alle ultime elezioni regionali si è candidata col centrodestra, nelle liste di Energia per la Lombardia, a sostegno di Attilio Fontana.
 
Il COREIS invece, è una realtà associativa che dagli anni ’90 è voce di quell’Islam spirituale, intellettuale e dialogante, attivo nell’Occidente.
 
Quando si parla di terrorismo di matrice islamica, viene abbastanza naturale chiedersi perché l’Italia non sia stata colpita direttamente da attentati: almeno sino ad ora. Giannoni risponde: “Innanzitutto, va detto che l’Italia è il Paese europeo che ha compiuto il maggior numero di espulsioni, riducendo così il rischio attentati. Abbiamo un’ottima intelligence che lavora di prevenzione ad altissimi livelli. Tuttavia, non si può non rilevare che, l’Italia in generale e Milano in particolare, siano un crocevia per la jihad. Spessissimo Milano è entrata nelle inchieste su attentati compiuti in città europee. C’è sempre qualche legame con il capoluogo lombardo. Del resto, non va dimenticato il libico che voleva farsi esplodere davanti alla caserma Santa Barbara, proprio qui, a Milano. E l’autore della strage di Natale a Berlino ha trovato la morte a Sesto San Giovanni”. 
 
Chiedo a Giannoni cosa può e deve fare il Governo per limitare ulteriormente il rischio di attentati di matrice islamica nel nostro Paese. Ad esempio, imporre l’uso della lingua italiana agli imam, durante le loro prediche nelle moschee? “In Parlamento sono state depositate  alcune proposte di legge che vanno in questa direzione, la stessa direzione che ha avuto il lavoro svolto in questi anni al Viminale da Minniti. Queste forme di controllo previste dalle proposte di legge della Lega vertono proprio sulla trasparenza dei fondi destinati alla moschea, sui requisiti urbanistici per i luoghi di culto e sulla figura dell’imam”.
 
Antonio Marino

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Antonio Marino

Cinquantunenne ma con lo spirito da eterno ragazzo. Adoro la compagnia degli amici con la 'A' maiuscola, la buona tavola e le buone birre. Appassionato di politica ma quella con la 'P' maiuscola, sposato più che felicemente. Difetti: sono pignolo. Pregi: sono pignolo
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