Storia

La peste, incubo e terrore d’Europa per secoli, flagello dei flagelli

L’epidemia per eccellenza, la terribile peste nera del ‘300 e le sue conseguenze

Tra le tante malattie che nella storia dell’umanità hanno causato una quantità di morti da arrivare a vere e proprie stragi, una in particolare viene subito alla mente, prima di altre altrettanto gravi come il colera o il vaiolo: la peste.

La ragione per cui questa malattia ha sempre avuto esiti catastrofici, tanto da modificare il corso degli eventi storici, nonché l’assetto economico e sociale di interi continenti, è che solo recentemente si è compreso come la sua diffusione sia legata alle condizioni igieniche dell’uomo e degli ambienti che esso abita e non, come si era sempre creduto, alla qualità dell’aria o dell’acqua, all’umidità dei venti, o ai fenomeni astrologici e le punizioni divine. Difatti il batterio che causa la malattia (Yersinia Pestis) viene veicolato da una pulce che infesta sia i topi, da cui l’infezione origina, sia l’essere umano, al quale le pulci trasmettono il contagio (che può però avvenire anche direttamente dal morso dei roditori); ma dato che topi e pulci erano per l’uomo dei secoli passati una presenza universale e costante, la medicina del tempo mai avrebbe potuto attribuire a questi due fattori la causa di un simile flagello. Esiste poi una forma polmonare della peste, decisamente più grave di quella bubbonica, della quale è spesso una grave complicanza, che non si trasmette dai topi e dai loro parassiti, ma direttamente da persona a persona attraverso colpi di tosse e starnuti.

Le manifestazioni cliniche della malattia sono febbre alta, brividi, vomito, diarrea, fotosensibilità, e ingrossamento dei linfonodi (strutture coinvolte nelle risposte immunitarie), che diventano i famosi bubboni, generalmente localizzati all’inguine, al collo e alle ascelle. Nei casi più gravi l’infezione diffonde ai vari tessuti dell’organismo causando la morte per complicanze cardiocircolatorie, renali, o per emorragie interne. Nei casi meno gravi, dopo un paio di settimane i sintomi cessano, e i bubboni vengono sostituiti dalle relative cicatrici.

Generalmente le vie per la diffusione del contagio erano le rotte commerciali, soprattutto quelle marittime dall’oriente (i topi infetti si spostavano a bordo delle navi), e i movimenti degli eserciti; quest’ultima causa era poi associata al conseguente stato di carestia dovuta alle devastazioni e agli assedi delle città che, comportando la malnutrizione della popolazione, favorivano ancor di più l’insorgere e la diffusione della malattia.

Numerose sono le testimonianze antiche di epidemie devastanti, ma è probabile che queste riguardassero malattie particolarmente contagiose e virulente che, pur non essendo peste, venivano considerate tutte come delle pestilenze. La prima epidemia di cui vi sia la certezza che si trattasse proprio di peste, è quella che infestò il bacino del mediterraneo nella prima metà del VI secolo d.C. e che va sotto il nome di “peste di Giustiniano”, che colpì nei territori dell’Impero Bizantino di cui questi fu imperatore. Sembra poi che fosse proprio peste quella descritta dallo storico ateniese Tucidide, epidemia che flagellò Atene nel 429 a.C. (anche se alcuni studiosi ritengono si sia trattato di vaiolo, e altri di una forma di influenza particolarmente virulenta). Numerose furono poi le epidemie di peste che colpirono l’Impero Romano nelle sua varie epoche (ma anche qui, almeno in alcuni casi, sembra più probabile che si sia trattato di vaiolo).

Scorrendo i secoli si arriva poi alla famosa e terribile peste del 300, che investì l’Europa dal 1347 al 1353. L’epidemia cominciò a manifestarsi nell’estremo oriente mietendo numerose vittime in Cina, per poi giungere in Crimea, da dove venne portata a Costantinopoli, e di qui in Europa, da marinai genovesi lungo le rotte commerciali.

La diffusione del morbo fu aggravata dal concomitante periodo di malnutrizione della popolazione, dovuto a scarsa produzione agricola, a sua volta attribuibile ad una serie di cambiamenti climatici avvenuti in quel periodo. Durante l’epidemia la mortalità fu elevatissima, causando il decesso di circa un terzo della popolazione europea (in alcune regioni il calo demografico raggiunse picchi del 60%), colpendo rapidamente tutte le regioni del vecchio continente, dalla Scandinavia all’Italia, dalla Groenlandia alla Russia. La virulenza dell’epidemia fu tale che il numero di vittime in Europa fu enorme, stimato tra i venti e i venticinque milioni di persone (oltre ai circa venti milioni di morti in Asia).

La peste del 300 fu talmente devastante da modificare le istituzioni civili e le usanze dei sopravvissuti. Il forte calo demografico, con la conseguente mancanza di manodopera, comportò l’aumento dei salari; nelle attività, fino ad allora a conduzione esclusivamente familiare, si presentò per la prima volta la necessità di assumere persone esterne al nucleo della famiglia generando le prime forme di lavoro dipendente; la moria delle genti nelle campagne fece calare la produzione, comportando una forte crescita dei prezzi dei prodotti agricoli sul mercato; i tribunali furono intasati da cause riguardanti le eredità dei morti per la malattia, dato che molte persone morirono senza lasciare un testamento (anche perché i notai ben difficilmente si recavano a casa dei moribondi per redigere i documenti testamentari). Infine, secondo alcuni storici fu sempre la mancanza di manodopera dovuta al gran numero di decessi, a spingere verso lo sviluppo di innovazioni tecnologiche come i caratteri mobili per la stampa (i pochi amanuensi sopravvissuti non erano più sufficienti a produrre le opere scritte), o le armi da fuoco (l’evoluzione della tecnica produttiva di queste armi e della loro efficienza serviva a sopperire alla mancanza di soldati).

Tale fu l’impatto di questa terribile epidemia, che occorsero decenni perché l’Europa si riprendesse da un evento di tale drammatica portata e si ricominciasse ad avere un aumento demografico.

Nel periodo successivo la peste si ripresentò in diverse occasioni, ma per avere di nuovo delle epidemie di dimensioni così devastanti bisognerà aspettare quelle del 1630 e del 1656, che fecero ripiombare l’Europa nell’incubo di una malattia che ha un tale potere evocativo da fare da sfondo a monumentali opere letterarie come il “Decameron” di Boccaccio e “I Promessi Sposi” di Manzoni.

Marco Ammendola

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Marco Amendola

Anche se faccio tutt'altro lavoro, sono da sempre appassionato di storia, un romanzo talmente avvincente che non necessita di un finale a sorpresa
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