Le donne sono vento

LE DONNE SONO VENTO. Karen Blixen

Una vita tra eroismo e tragedie

La sua casa natale a 30 km da Copenaghen è diventata un museo. Vi si trovano oggetti portati dall’Africa, i suoi dipinti, manoscritti originali e molte delle sue composizioni floreali, tanto acclamate che tuttora vengono riproposte. Parrebbe di conoscerla bene, la Blixen, perché è di certo famosa per la sua autobiografia “La mia Africa” dal quale è stato tratto il famoso film, oltre a “Il pranzo di Babette”, e il film che ne fu tratto vinse l’Oscar, scrisse anche vari racconti. Una vera e poliedrica artista. Per suo volere il parco della sua proprietà è una riserva naturale ornitologica.

Vorrei invece sviscerarne gli aspetti meno noti. Un’adolescenza inquieta contraddistinse tutta la sua vita. Cresciuta con genitori di cultura molto diversa, la madre borghese ed estremamente moralista, troverà più affetto e conforto nel padre, aristocratico di saldi principi che le insegna l’amore per la natura e la vita libera anche per una donna in quegli anni, e che tuttavia morirà suicida quando Karen ha solo dieci anni. Questo episodio la segnerà per sempre, rendendola nevrotica, depressa e in costante conflitto con la famiglia d’origine.

Giovanissima, gettava il suo pranzo fuori dal finestrino del treno e si rifiutava di cenare perché ossessionata dal prendere peso. Un gesto di ribellione e confiderà alla sorella: “ Io so, ad esempio, che non devo ingrassare; è meglio che io soffra i morsi della fame, perché essere sovrappeso m’impedisce di fare a modo mio!” Quella stessa rigidità portata avanti tutta la vita, anche negli anni di soggiorno in Africa, che la troverà alla fine, molto debole e preda di una profonda depressione con costanti crisi d’ansia e paura di non riuscire a ingrassare; pare pesasse trentacinque chili.

Rafforzò la sua debole autostima interpretando un ruolo aristocratico e arrogante, nemmeno in Africa venne meno, con distinte convinzioni di sentirsi al di sopra di qualunque morale accompagnate da cenni di invulnerabilità e onnipotenza. Questo atteggiamento creò non pochi contrasti alla Blixen nei rapporti conflittuali che intrecciava con le altre persone.

Nonostante le numerose difficoltà incontrate il periodo passato in Africa resta quello di maggior felicità; in una delle lettere che spedisce alla famiglia dall’Africa si legge: “Quando ero ragazza non pensavo neanche lontanamente che sarei andata in Africa, né immaginavo che in una fattoria africana mi sarei sentita perfettamente felice. Questo fatto contribuisce a dimostrare che Dio ha una immaginazione più grande e raffinata della nostra (…) Sin dal giorno del mio arrivo mi innamorai di quel paese e mi sentii a casa, a dispetto dei fiori, degli alberi e degli animali sconosciuti, e delle nuvole mutevoli sopra le colline Ngong (…) Il mio interesse principale durante i lunghi anni trascorsi in Africa è costituito dagli indigeni africani di tutte le tribù, soprattutto i somali e i masai.”

L’amore della Blixen per il popolo dell’Africa, quelli che lei chiamava “i miei fratelli neri”, la fece riflettere sull’impatto che l’uomo bianco e la civilizzazione potevano avere nel corso del tempo. Erano infatti gli anni del colonialismo, in cui l’Europa si spartiva le terre africane già a partire dalla fine dell’Ottocento e tentava di “civilizzare” i popoli del continente nero. In una delle lettere alla madre scriverà: “…non ci vorrà molto perché queste tradizioni scompaiano

del tutto. Ahimé, che cosa abbiamo fatto, che cosa stiamo facendo a questo paese in nome della “civiltà” che gli portiamo?”

Karen Blixen morirà per eccessivo dimagrimento a 77 anni nel 1962, e a letto senza un briciolo di forze, nel 1958 detterà “Capricci del destino” alla sua segretaria. Edito in Italia da Feltrinelli, forse questa è l’opera dove l’autrice si racconta in modo più profondo, sviscerando le tematiche controverse della sua gioventù e dei personaggi della sua famiglia. Descrivendo tutti i valori assorbiti dal padre, finalmente Karen Blixen si sente libera di parlare di lui per rendergli giustizia, amplificando la mancanza che per tutta la vita ha avvertito per questa figura.

Nel 1959 la Blixen fu in lizza per l’assegnazione del Premio Nobel per la Letteratura, risultando essere la favorita. Non l’ottenne, né allora né dopo, perché l’Accademia Svedese non intendeva mostrare atteggiamenti in favore di scrittori scandinavi.

Patrizia Massi

Mostra Altro

Patrizia Massi

Il più grande destino è quello di imparare molte cose
Pulsante per tornare all'inizio