Storia

1° novembre 1918, Pola: inizia la tradizione eroica dei nostri incursori di Marina

Un semplice siluro, precursore di mezzi d'assalto italiani, ideato da due eroici marinai

Più volte nella nostra rubrica ci siamo occupati degli episodi di incursione e delle eroiche gesta dei nostri incursori di marina nella Seconda Guerra Mondiale; la tradizione italiana in quel tipo di guerra affonda però le proprie radici ai tempi della Grande Guerra, alla quale anche abbiamo dedicato spazio, e della quale abbiamo celebrato recentemente il centenario della vittoriosa conclusione. Vediamo quindi l’ultimo episodio, forse il più glorioso tra le azioni di incursione della guerra ’15-’18, che fece da apri strada per quei mezzi che porteranno i nostri incursori della Seconda Guerra Mondiale a diventare una vera e propria leggenda.

Siamo alla fine del conflitto, tra la fine di ottobre edi primi di novembre del 1918, quando ormai il fronte austriaco era stato stato sfondato a Vittorio Veneto ed il Regio Esercito Italiano aveva cominciato la propria trionfale marcia all’inseguimento dell’esercito austro-ungarico fuggente. Dal porto di Venezia partì una squadra della Regia Marina con l’obiettivo di affondare la potente corazzata austriaca S.M.S. (Seiner Majestät Schiff, ossia Nave di Sua Maestà) Viribus Unitis, ammiraglia e fiore all’occhiello della k.u.k. Kriegsmarine (Kaiserliche, und Königliche Kriegsmarine, ovvero Imperiale e Regia Marina) austro-ungarica; era la notte del 31 ottobre 1918.

Il mezzo utilizzato per l’incursione era la “mignatta” il precursore dei “maiali” della Seconda Guerra Mondiale ai quali abbiamo dedicato un articolo. La mignatta, o torpedine semovente Rossetti, era mezzo d’assalto subacqueo ideato dall’ingegnere e maggiore della Regia Marina Italiana Raffaele Rossetti, consistente in un siluro pilotato motorizzato dotato di ordigni esplosivi magnetici da fissare sulla chiglia della nave nemica da affondare. La mignattaera lunga 8 metri, con un diametro di 600 mm, ed era adatta al trasporto di due uomini che vi sedevano a cavalcioni uno dietro l’altro, eventualmente facendosi trascinare rimanendo attaccati ai lati del mezzo tramite due apposite maniglie; la propulsione era garantita da due eliche ad aria compressa da quattro pale ciascuna, ed il raggio d’azione era di due migliacon una velocità di 2 nodi. L’apparecchio era privo di timone, per cui veniva orientato dai due marinai che protendevano all’esterno gambe e braccia per aumentare la resistenza all’avanzamento in maniera asimmetrica determinando l’orientamento del mezzo. Il sistema era dotato di due cariche esplosive magnetiche da 200 kg da attaccare alla nave nemica, dotate di spolette temporizzate con un limite massimo di 6 ore; le cariche venivanoattaccate alla carena della nave nemica, da cui il nome “mignatta”, ossia sanguisuga.

I due eroi protagonisti dell’impresa leggendaria furono Raffaele Paolucci (Roma il 1° giugno del 1892 – Roma 4 settembre 1958), medico che aveva prestato servizio nell’Esercito e che passo poi in Marina, e Raffaele Rossetti (Genova, 12 luglio 1881 – Milano, 24 dicembre 1951), ingegnere ed ufficiale del Genio navale.

Per quanto riguarda l’obiettivo dell’incursione, la Viribus Unitis, fu costruita nei cantieri navali di Trieste e varata il 24 giugno del 1911 ed entrò in servizio il 5 dicembre del 1912, dopo aver richiesto 25 mesi di lavoro e l’impiego di circa 2.000 operai. Il dislocamento era di 19.698 tonnellate, era mossa da quattro turbine a vapore ed altrettante eliche, alimentata a carbone, con una velocità massima di 20,2 nodi; era armata con 12 pezzi da 305 mm, 12 da 150 mm, 18 pezzi antiaerei da 70 mm e 4 tubi lanciasiluri da 533 mm; l’equipaggio era di 1.087 uomini. E fu proprio questa corazzata a portare l’arciduca Francesco Ferdinando da Trieste a Ragusa, da dove l’erede al trono imperiale si recò a Sarajevo dove venne assassinato il 28 giugno del 1914, dando vita alla serie di aventi che portarono alla guerra.

A bordo di due MAS (motoscafi antisiluranti) e scortati da due torpediniere che trasportavano la “mignatta”, Paolucci e Rossetti alle ore 22:18 giunsero a poche miglia dalle acque del porto di Pola; i MAS e le unità di scorta si ritirarono ed i due ardimentosi marinai salirono sulla mignatta e si diressero verso il loro obiettivo. Superati i tre ordini di reti protettive, i due incursori giunsero all’interno del porto alle 3:00 ed alle 4:45 due cariche esplosive magnetiche di 200 kg ciascuna furono attaccate alla carena della corazzata austriaca e programmate per l’esplosione alle 6:30. I due eroici marinai furono però scoperti e catturati. I nostri incursori informarono il comandante dell’unità dell’imminente esplosione alle 6:00, e l’equipaggio venne evacuato; non essendo però avvenuta l’esplosione l’equipaggio fece ritorno sulla corazzata. Alle 6:44 le cariche esplosero causando una grossa falla che fece inclinare su un lato grande l’unità che affondò in pochi minuti; le vittime furono più di 300.

L’impresa di Pola fu un glorioso episodio di incursione di marina che, come abbiamo detto, aprì la strada a quella tradizione che ha visto e vede ancora i reparti di incursori della marina italiana primeggiare su tutte le marine del mondo; ma c’è una questione irrisolta riguardante quella storica impresa.

L’episodio che abbiamo narrato avvenne quando molti popoli del vecchio Impero Austro-Ungarico avevano già dichiarato la propria indipendenza da Vienna, e tra questi vi erano quelli che di li a poco avrebbero costituito quella che noi oggi conosciamo come la Jugoslavia. L’incursione che portò all’affondamento della Viribus Unitis avvenne quindi quando la corazzata non era più austriaca, dato che l’Imperatore Carlo d’Asburgo aveva ceduto la flotta imperiale (costituita per lo più da personale di nazionalità croata) alle autorità di quella Jugoslavia che stava vedendo la luce proprio in quelle ore. Ora, la domanda è: gli italiani sapevano che quella che si andava a colpire non era più una corazzata austriaca ed ormai batteva una bandiera diversa da quella dell’Impero austro-Ungarico? Probabilmente il personale coinvolto nell’esecuzione dell’impresa ne era all’oscuro e non era aggiornato sui recenti avvenimenti in campo nemico; ma le alte autorità militari italiane? Possibile che generali ed ammiragli non fossero a conoscenza di quanto stesse avvenendo presso la flotta nemica? Non esiste risposta a questa domanda, ma non è escluso che i nostri alti ufficiali fossero a conoscenza degli sviluppi politici in campo nemico, e che abbiano comunque lasciato che l’operazione andasse avanti con lo scopo di eliminare una potente corazzata che avrebbe comunque costituito l’ammiraglia di una flotta, quella Jugoslava, che era la marina da guerra di un paese che al tavolo della pace della guerra che andava concludendosi avrebbe contestato all’Italia le rivendicazioni delle terre irredente confinanti con la Jugoslavia (la Venzia-Giulia, l’Istria e la Dalmazia). Austriaca o Jugoslava, quella corazzata era comunque bene che venisse eliminata.

Congetture a parte, resta comunque il valore dell’impresa di Rossetti e Paolucci, i due marinai che per primi, e con mezzi molto più rudimentali, fecero scuola per la tradizione di incursione della Seconda Guerra Mondiale, che farà coprire di gloria gli incursori della Regia Marina Italiana.

Marco Ammendola

Nell’immagine, la corazzata Viribus Unitis

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Marco Amendola

Anche se faccio tutt'altro lavoro, sono da sempre appassionato di storia, un romanzo talmente avvincente che non necessita di un finale a sorpresa
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