Affari legali

AFFARI LEGALI. Pensionamento anticipato per invalidità. La normativa vigente

Il trattamento per i soggetti parzialmente inabili al lavoro, per quanto concerne la determinazione dell’età pensionabile ha subito di recente qualche modifica, più che altro in modo indiretto per effetto della cosiddetta “Legge Fornero”. Di seguito si cercheranno di esporre in via sintetica le attuali ipotesi più frequenti, distinguendo la situazione relativa alla pensione di vecchiaia da quella del trattamento pensionistico per anzianità, che a dispetto di quanto sembri non sono la stessa cosa.

Per quanto riguarda il primo caso, la pensione di vecchiaia prevederebbe in condizioni normali il collocamento obbligatorio in quiescenza al compimento dei 66 anni e 7 mesi, mentre per il secondo il trattamento anticipato può essere fruibile una volta maturati 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per i soggetti di sesso femminile.

Passando ai possibili benefici a vantaggio dei lavoratori inabili, quelli con invalidità accertata non inferiore all’80% potevano ottenere il trattamento di vecchiaia al compimento dei 60 anni, se uomini, e dei 55, se donne, purché in possesso di almeno 20 anni di contributi, ai sensi dell’art. 1, comma 8, D. Lgs. n. 503/1992; detti limiti minimi sono stati portati, rispettivamente, a 60 anni e 7 mesi e a 55 anni e 7 mesi, per il triennio 2016-2018.

Attenzione, però: detta normativa non può essere applicabile ai lavoratori autonomi ed ai pubblici dipendenti (per questi ultimi, vale la Circ INPDAP n. 16/1993), rimanendo confinata al solo settore dell’impiego privato. A tale fine, il richiedente deve sottoporsi a visita medica presso le commissioni sanitarie dell’INPS anche se già possiede lo status di invalido civile, questo perché trattasi di una valutazione indipendente da quella in base alla quale viene riconosciuta la condizione di invalidità.

Secondo l’INPS, invero, quest’ultima deve essere valutata ai sensi della L. n. 222/1984 concernente l’invalidità “specifica” e non ai sensi della L. n. 118/1971 riferibile all’invalidità “generica”; di conseguenza, il riconoscimento della seconda, pur valutabile come elemento aggiuntivo, non importa necessariamente quello della prima, che qui interessa.

Un ulteriore beneficio previsto per i lavoratori con invalidità civile, se con percentuale non inferiore al 74%, consiste nella possibilità di chiedere per ogni anno di lavoro effettivamente svolto, due mesi di contribuzione “figurativa”, come sancito dall’art. 80, comma 3, L. n. 388/2000. Il tutto fino ad un massimo di 5 anni di contributi nominali ai fini sia della maturazione del diritto alla pensione, sia della determinazione del trattamento pensionistico, per quanto riguarda le pensioni soggette a calcolo con metodo retributivo; al solo primo scopo, ossia la maturazione del diritto alla pensione, per le pensioni soggette invece al calcolo con metodo contributivo.

Con questo beneficio, ad esempio, un lavoratore che ha svolto 12 anni di lavoro effettivo e con una percentuale d’invalidità superiore al 12% può contare su un bonus contributivo di 2 anni, che potrà utilizzare per ottenere la pensione anticipata di due anni. Questo specifico trattamento è previsto per i soli anni di lavoro svolti alle dipendenze di datori di lavoro pubblici o privati; sono invece esclusi gli anni coperti da contribuzione volontaria, figurativa o derivante da riscatto non correlato da attività lavorativa (es. anni universitari) e quelli di attività di lavoro autonomo.

Nel prossimo articolo di questa sezione disquisiremo sulla facoltà, sempre per i lavoratori inabili che possiedono taluni requisiti, di andare in pensione a prescindere dall’età anagrafica.

Roberta Romeo

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