Affari legali

AFFARI LEGALI. Telecamere sul luogo di lavoro

Le novità dettate dalla Corte di Strasburgo

Questa rubrica si era occupata già nel 2015 della questione inerente la legittimità dell’installazione di telecamere sul posto di lavoro ed era stato rilevato in quell’occasione come l’art. 4 dello Statuto dei lavoratori vietasse l’uso di impianti audiovisivi per finalità di mero controllo a distanza dell’attività dei dipendenti.

La giurisprudenza consolidatasi negli anni prevedeva però che qualora tali strumenti venissero utilizzati con lo scopo principale di soddisfare le esigenze organizzative, produttive, o di sicurezza del lavoro, comportando incidentalmente anche la possibilità di controllare l’operato del personale, si potesse procedere all’installazione soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, ha sempre provveduto direttamente l’ispettorato del lavoro, dettando eventualmente le modalità per l’uso degli impianti di videosorveglianza.

Il titolare dell’attività che violasse la citata norma, quindi utilizzasse impianti audiovisivi – paradossalmente anche non funzionanti – al solo fine di tener d’occhio i propri subordinati, o lo facesse con scopi leciti ma in assenza delle opportune autorizzazioni, si sarebbe fino ad oggi trovato ad affrontare conseguenze sul piano sia penale, sia civile. Senza contare che non avrebbe comunque potuto avvalersi delle immagini così ottenute nell’ambito di un contenzioso con un lavoratore scoperto a compiere dei furti o a tenere comportamenti scorretti di qualunque altro tipo.

Tuttavia, è intervenuta una recente pronuncia della Corte Europea dei diritti umani, secondo cui il datore di lavoro può sorvegliare i propri subordinati nell’ipotesi in cui sospetti che gli stiano cagionando un danno sottraendo parte degli incassi.

Affinché sia legittimo il montaggio delle telecamere senza che siano avvertiti i dipendenti, però, occorre che detti sospetti abbiano un fondamento, che trovino quindi giustificazione in dati oggettivi, come ad esempio un inspiegabile calo di fatturato in concomitanza dell’ingresso in azienda di una nuova figura.

La vicenda concreta da cui ha preso le mosse tale sentenza ha avuto luogo in Spagna, ma la decisione della Corte di Strasburgo certamente avrà un riverbero nell’ordinamento del nostro Paese, che non potrà esimersi dal prendere atto di questa ulteriore evoluzione in materia di diritto del lavoro.

Roberta Romeo

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